Le tappe della ricerca

I farmaci sono sperimentati gradualmente per testarne l'efficacia e la sicurezza, cioè la maggiore o minore frequenza di effetti indesiderati, in un percorso di ricerca articolato in cinque fasi.

Fase 0 (pre-clinica) - è la fase dei testi pre-clinici, condotti su cellule o animali da esperimento; tale fase può durare da uno a cinque anni e fornisce le prime informazioni sulla sicurezza della molecola, o gruppo di molecole, sull'eventuale tossicità ed efficacia.

Fase 1 (farmacologia clinica) - il farmaco viene somministrato a basse dosi su un gruppo limitato di volontari sani, con lo scopo di controllare che non sia tossico e in che modo venga metabolizzato dal corpo.

Fase 2 (studio di efficacia) - coinvolge un primo gruppo di persone malate che potrebbero trarre vantaggio dal farmaco e mira a studiarne gli effetti curativi. Punta a un primo bilancio tra rischi e benefici, a precisare le dosi e i tempi di somministrazione.

Fase 3 (studio multicentrico) - in questa fase è coinvolto in genere un migliaio di malati; l'obiettivo è confermare se il farmaco sia efficace e sicuro, e migliore di altri in circolazione. Terminata questa fase si fa domanda di registrazione presso il Ministero della Salute per ottenere l'autorizzazione alla commercializzazione.

Fase 4 (sorveglianza post-marketing)
- Il farmaco è ormai in farmacia e bisogna controllare i suoi effetti nella pratica di tutti i giorni. A questa fase può partecipare ogni paziente che assume il farmaco: i soggetti in cura con il nuovo medicinale devono segnalare al proprio medico o farmacista l'eventuale comparsa di qualsiasi effetto collaterale che poi i professionisti dovranno segnalare al dipartimento per la farmacovigilanza tramite appositi moduli. In questa fase vengono anche condotti i cosiddetti studi osservazionali, cioè studi nei quali i farmaci vengono utilizzati secondo le consuetudini, registrando alcuni parametri di particolare interesse per valutare la tollerabilità e l'efficacia del farmaco su grandi numeri di pazienti.

Nel corso delle diverse fasi di sperimentazione del farmaco occorre eseguire trial di vario genere, il cui denominatore comune è descritto in una circolare del 10 luglio 1997 del Ministero della Sanità: è definito studio, o trial, clinico
"ogni studio sistematico sull'uomo, sia malato che volontario sano, al fine di scoprire o verificare gli effetti e/o di identificare ogni reazione avversa al/i prodotto/i in esame, e/o di studiare l'assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l'escrezione al fine di accertarne l'efficacia e la sicurezza".

Sono principalmente tre le caratteristiche che definiscono la validità di uno studio condotto per comprendere se un farmaco è efficace:
• bisogna mettere a confronto l'effetto di un farmaco rispetto a un placebo (un "farmaco" senza principi attivi) o a un altro farmaco che ha un'azione simile;
• le persone trattate con il nuovo farmaco devono essere simili per età, sesso, tipo di malattia a quelle trattate con il farmaco di confronto;
• occorre adottare un meccanismo per valutare i risultati nei due gruppi in modo omogeneo.

Perché gli studi con tali caratteristiche siano validi, devono essere condotti con tre tecniche:
• l'utilizzazione in ogni ricerca di un gruppo di controllo, cioè metà dei malati assume il farmaco da sperimentare e l'altra metà no. Lo scopo è escludere che l'effetto osservato dipenda dal caso o dal normale decorso della malattia;
• la randomizzazione (da random, caso), vale a dire l'assegnazione casuale dei malati a uno dei due gruppi;
• il mascheramento (blinding), cioè l'uso di tecniche per non far sapere al paziente e/o allo sperimentatore chi sta davvero ricevendo un trattamento attivo o una sostanza non attiva.

Gli studi che utilizzano contemporaneamente queste tre tecniche sono definiti studi clinici controllati randomizzati, in inglese Randomised Controlled Trials (RCT)