La Prevenzione Primaria previene l'instaurarsi del processo patologico e, ovviamente, sarebbe sempre ideale e auspicabile ma in pratica è attuabile in pochissime malattie congenite.
Si realizza per esempio con la non unione tra due portatori di anomalie genetiche (nella beta-talassemia il risultato lo si raggiunge con lo screening dello stato di portatore sano), nell'evitare la contaminazione ambientale da parte di determinate sostanze tossiche, infettive o radioattive riconosciute come teratogene durante il periodo periconcezionale (ad esempio consumo di alcol da parte materna e paterna), oppure con l'assunzione di acido folico - come supplementazione alimentare o come farmaco specifico prima della gravidanza - in modo da ridurre il rischio di difetti congeniti quali spina bifida, anencefalia, etc., e con la vaccinazione antirosolia prima della gravidanza.
La prevenzione primaria è la più efficace, ma data la necessità del coinvolgimento generale e l'adozione di interventi sullo stile di vita di tutta una popolazione, è in realtà estremamente difficile da attuare e pertanto attualmente la strategia più diffusa è la Prevenzione Secondaria che individua una malattia presente in una gravidanza già in atto, e si realizza con le tecniche di diagnosi prenatale non invasive, quali per esempio l'ecografia, e con le tecniche di diagnosi prenatale invasive che vengono effettuate tramite tre principali metodiche ostetriche (Allegato figura 1).
• Prelievo di Villi Coriali (o Villocentesi) dalla 10a settimana di gravidanza, introducendo un sottile ago attraverso l'addome materno in placenta sotto visione ecografica continua e aspirando i villi coriali con una siringa.
• Amniocentesi dopo la 15a settimana di gravidanza tramite un sottile ago introdotto attraverso l'addome materno in cavità amniotica sotto visione ecografica continua e l'aspirazione di liquido amniotico con una siringa.
• Cordocentesi dopo la 18a settimana di gravidanza tramite un sottile ago introdotto attraverso l'addome materno nel cordone ombelicale sotto visione ecografica continua e aspirazione di sangue fetale con una siringa.
Tutte queste tre tecniche se effettuate in Centri con esperienza hanno un rischio di perdita fetale (aborto) che è dell' 1% per il prelievo dei villi coriali, dell' 1% per l'amniocentesi e del 2% per la cordocentesi. Tutte queste procedure danno la certezza di presenza o assenza della specifica anomalia ricercata nel feto. Nel caso si accerti la presenza dell'anomalia la coppia può decidere, dopo consulenza genetica non direttiva ma informativa, di portare avanti la gravidanza di un feto malato o interrompere terapeuticamente la gravidanza e, in alcuni casi, effettuare una terapia medico-chirurgica in utero o programmare un tempestivo trattamento alla nascita.