L'epidemia in Sardegna

Gli esperti ritengono che l'introduzione della malattia sia avvenuta per azione dei venti dei quadranti meridionali associati a temperature ambientali più elevate rispetto alla media di questi ultimi anni. L'epidemia si è protratta sino al mese di dicembre e ha provocato danni ingenti al patrimonio zootecnico isolano. Negli anni successivi vi sono state due epidemie di notevole entità (2001 e 2003), una epidemia di lieve entità (2004), e due anni con assenza sostanziale di malattia.

L'epidemia si propaga sul territorio con i seguenti tre meccanismi:
• per contiguità, legata all'areale di attività dell'insetto vettore, tra i 3 e i 5 chilometri;
• per trasferimento di animali infetti (ammalati e portatori sani);
• per azione del vento, che si è dimostrato in grado di trasferire quantità significative di Culicoides su distanze lunghe, anche qualche centinaio di chilometri, soprattutto nei tratti di mare.

La trasmissione della malattia avviene mediante punture di insetti ematofagi della famiglia dei Ceratopogonidae, genere Culicoides (C. imicola, C. obsoletus, C. pulicaris). La femmina degli insetti del genere Culicoides contrae l'infezione con un pasto di sangue da un animale infetto, che può avere una sintomatologia clinica in atto o può essere anche soltanto portatore sano. Il virus ingerito dall'insetto, dopo 5-8 gg. di incubazione, si replica nelle ghiandole salivari a temperature ambientali superiori ai 12 °C e, per un periodo variabile dai 26 ai 35 giorni, viene trasmesso agli altri animali recettivi che vengono punti dall'insetto. Un altro mezzo di trasmissione di minore importanza è costituito dal liquido seminale che risulta essere infettante sia con la monta naturale che con la fecondazione artificiale.
Gli animali infettati, che presentano sintomatologia clinica, sono soprattutto quelli della specie ovina, e si osservano differenti livelli di sensibilità tra le diverse razze. In genere le razze più resistenti sono quelle allevate in Africa, dove la malattia ha selezionato i genotipi più resistenti. Tra le razze italiane sicuramente la razza sarda si è dimostrata la più sensibile non solo al virus selvaggio, ma anche al virus vaccinale.
I bovini e i caprini che contraggono l'infezione di solito non manifestano sintomi di malattia e diventano serbatoi del virus, conservando e trasportando il virus in zone diverse. Questo fenomeno fa sì che nella fase di introduzione della malattia in una zona indenne il morbo si diffonda subdolamente senza alcun segnale esterno, che possa allertare gli allevatori ed i servizi veterinari.

Il quadro clinico
Talora la lingua si presenta fortemente arrossata e ingrossata e questa tipica lesione ha dato il nome Blue Tongue alla malattia, in italiano Lingua Blu. Contestualmente è presente intensa salivazione e aumento della secrezione congiuntivale e nasale.
Gli animali colpiti dalla forma acuta muoiono nel giro di 2-6 giorni, gli altri possono sopravvivere anche alcune settimane in uno stato di letargia dovuto in parte alla depressione dello stato del sensorio, in parte alle lesioni ai piedi, che talvolta possono presentare arrossamenti al cercine coronario. In alcune femmine gravide si ha aborto e natimortalità.

Documenti correlati
- Epidemie dal 2000 al 2006 [file.pdf]
- Relazione preliminare sulle prove di campo Blue tongue – D.A.I.S. n. 2 del 06.02.2007 [file.pdf]
- Allevamenti con sintomatologia riferibile a blue tongue [file.pdf]
- Mappa comuni soggetti a restrizione 02/05/2007