La PSA è comparsa in Sardegna nel 1978 nella provincia di Cagliari, verosimilmente in seguito all'introduzione di rifiuti alimentari provenienti dall'aereoporto militare di Decimomannu.
Lo spostamento di allevatori con animali verso il nuorese, monticazione, ha causato la comparsa della malattia in provicia di Nuoro, e il radicamento della malattia nel territorio.
Con la legge Regionale n°6/82 la Regione Sardegna ha dato l'avvio al primo piano di eradicazione della PSA. Il piano, di durata quinquennale, prevedeva misure relativamente drastiche e di difficile applicazione:
• l'abbattimento di tutti i suini presenti nei comuni dove si evidenziavano suini sieropositivi
• vuoto biologico per 6 mesi
• divieto del pascolo brado
• divieto di introduzione di suini vivi nei territori dove si era effettuato il "vuoto biologico".
Tali misure hanno dato esito negativo, nonostante siano stati abbattuti oltre novantamila suini in 10 anni. La principale causa di questo fallimento è stata l'assenza di collaborazione da parte degli allevatori, che non hanno accettato le misure di abbattimento generalizzato, cui spesso non ha fatto seguito un pronto pagamento degli indennizzi previsti, e il divieto di pascolo brado, adottato allo scopo di evitare il diffondersi della malattia. Quest'ultimo provvedimento in particolare comportava per molti allevatori l'impossibilità di proseguire la propria attività. Altre misure, che pure erano parte del piano di eradicazione 1982-87 programmato col supporto della Comunità Europea, come la ristrutturazione in senso razionale degli allevamenti, furono applicate solo parzialmente.
La peste suina dal 1988 al 1991
Tra il 1988 e il 1991 si è analizzato il problema della PSA in Sardegna e i motivi del fallimento del precedente piano, nel tentativo di creare un piano di eradicazione con reali prospettive di successo. E' stata condotta un'indagine socio-economica nel Nuorese, al fine di meglio affrontare gli aspetti sociali che avevano compromesso la riuscita del piano del 1982. Da quest'indagine è emerso un notevole attaccamento degli allevatori all'allevamento tradizionale, un disagio economico, nonché la loro sfiducia nella pubblica amministrazione, ma d'altra parte anche una buona conoscenza sanitaria della malattia e la disponibilità a collaborare a misure sanitarie capaci di salvaguardare i loro metodi di allevamento. Le linee guida del piano di eradicazione sono emerse a seguito del dibattito sviluppatosi a partire dal Convegno Internazionale tenutosi a Cala Gonone (Nuoro) nell'ottobre 1988 e hanno tenuto in considerazione la peculiarità della situazione dell'allevamento suinicolo in Sardegna, i caratteri epidemiologici della malattia e l'esito negativo del precedente Piano di eradicazione. In particolare l'indagine socio-economica effettuata presso i suinicoltori della provincia di Nuoro ha suggerito l'abbandono delle drastiche politiche di eradicazione della malattia previste nel piano precedente.
Piano del 1992
Tra le altre cose il Piano di eradicazione del 1992 prevedeva una campagna di informazione degli allevatori e dei cacciatori, e il ripristino dello stato di legalità degli allevamenti bradi e semibradi, nonché la registrazione degli allevamenti ed identificazione dei suini.
A questo si aggiungevano controlli sanitari periodici e monitoraggio sierologico in tutti gli allevamenti della Sardegna, l'autorizzazione alla pratica del pascolo brado, previa regolamentazione da parte dei comuni dell'utilizzo dei terreni pubblici a scopo di pascolo per suini e, a condizione che fosse compatibile con l'attuazione di adeguati controlli sanitari. Tuttavia, il Piano del 1992 prevedeva misure pressoché esclusivamente di tipo sanitario, nella convinzione che queste fossero sufficienti, se correttamente applicate, a eradicare la malattia. Questo piano, che ha richiesto un ingente dispiegamento di fondi (circa 40 miliardi di lire nella seconda metà degli anni '90) ha prodotto un miglioramento effettivo della situazione generale, con una notevole riduzione del numero di focolai, la registrazione di un notevole numero di aziende e il risanamento di parti importanti del territorio. Accanto a questo miglioramento della situazione generale, ma alla fine del '97 si sono verificati alcuni episodi destinati a compromettere il buon esito del piano: in particolare, nei pascoli comunali di Orgosolo, Fonni e in parte di Desulo, il verificarsi di alcuni casi di malattia ha determinato la necessità di procedere all'abbattimento e alla distruzione di tutti i suini allevati all'interno dei pascoli comunali di quell'areale. Tuttavia, alcuni allevatori si sono rifiutati di ottemperare alle misure di abbattimento e distruzione degli animali, dando luogo a una contestazione nei confronti delle autorità locali. L'incapacità delle autorità a vario livello a dar seguito alle misure sanitarie necessarie, ha determinato di fatto l'impossibilità a effettuare le operazioni di abbattimento nelle aziende sospette di infezione e di completare le operazioni di risanamento nei territori ad alto rischio. Di conseguenza è diventato sempre più difficile ottenere il rispetto dei divieti di ripopolamento nelle altre aziende sottoposte ad abbattimento.
In generale, dal 1998 ha cominciato a perdere di incisività e di convinzione anche la vigilanza sulle altre aziende e sulla regolamentazione del pascolo brado.
Criticità degli anni '90
L'aspetto critico del piano degli anni '90 è stata la notevole difficoltà mostrata dal sistema a far fronte compiutamente alle problematiche non strettamente sanitarie - leggi aspetti sociali ed economici - che ancora una volta non hanno trovato una soluzione compiuta.
In questo modo si è nuovamente accentuato il distacco tra le misure sanitarie, che successivamente sono diventate sempre più restrittive - divieti di ripopolamento delle aziende, divieto di creazione di nuove aziende nell'area ad alto rischio ecc - e gli allevatori, che nelle zone montane non hanno mai rinunciato all'allevamento suino. Infatti in alcuni comuni, nei quali la quasi totalità del territorio è di proprietà pubblica e come tale soggetto alle norme sugli usi civici, il divieto di pascolo brado ha comportato per gli allevatori scelte drastiche: eliminare i propri suini e rinunciare ad allevarli, oppure farlo in modo clandestino.
Si sono quindi create le condizioni predisponenti per un ritorno al passato: clandestinità delle aziende, pascolo brado incontrollato, perdita di controllo della situazione sanitaria. Il rinnovo annuale dei piani di eradicazione degli anni successivi ha cominciato quindi a orientare gli scopi del piano su una regionalizzazione interna, tendente a salvaguardare almeno l'allevamento delle province indenni e il conseguente commercio delle carni suine.
Ultimi anni
Nel 2000, la comparsa della Blue Tongue in Sardegna ha catalizzato quasi completamente l'attenzione del mondo allevatoriale e delle autorità sanitarie sul dramma riguardante gli allevamenti ovicaprini; la bassa incidenza di focolai di PSA in quegli anni - al di sotto di 20 focolai all'anno - ha consentito in qualche modo di spostare la problematica dalle priorità più emergenti. Tuttavia, in quegli anni la pratica del pascolo brado suino in condizioni di clandestinità ha avuto modo di proseguire e aumentare; i casi di malattia in tali popolazioni non venivano quindi sottoposti alle misure sanitarie del caso, e la carica virale ambientale ebbe probabilmente modo di crescere.
In termine di numeri di focolai nel 2004 si è verificata la più grave epidemia di PSA nella storia della Sardegna: circa 400 allevamenti sono stati sottoposti ad abbattimento - di cui circa 150 per sospetto di contaminazione - con oltre 17.000 suini abbattuti e distrutti. I casi di PSA sono stati riscontrati in diverse aree del territorio regionale, raggiungendo la massima concentrazione nella provincia di Nuoro. A questa epidemia ha fatto seguito quella del 2005, che ha interessato soprattutto la provincia di Oristano, seppur con numeri inferiori (circa 200 allevamenti per complessivi 10.000 capi). Nell'autunno del 2004, la Commissione Europea ha preso posizione nei confronti dei piani di eradicazione presentati annualmente dagli stati membri per le varie malattie: l'allargamento dell'Unione Europea ad altri stati membri e la necessità di ottimizzare le risorse hanno determinato un momento di discontinuità rispetto al passato. Con la sola eccezione della Blue Tongue, non sarebbero stati più approvati né finanziati piani di sorveglianza e controllo delle malattie (quali erano diventati i piani di lotta alle pesti suine in Sardegna dal 2000 in poi), ma solo ed esclusivamente piani di eradicazione. Sono così stati respinti diversi piani di eradicazione presentati per il 2005, tra cui quello nazionale per le pesti suine.
Per la Sardegna questa bocciatura ha avuto un significato che andava oltre i problemi di cofinanziamento, in quanto le deroghe per le esportazione di prodotti a base di carne suina erano condizionate all'esistenza di un piano di eradicazione approvato. Si è quindi dovuto presentare una nuova progettazione di piano di eradicazione, sulla base di requisiti minimi imposti dalla Commissione Europea, che prevedevano un efficace controllo del pascolo brado suino e il recepimento delle misure europee di controllo della malattia nel cinghiale.
Le altre misure sanitarie
Due recenti provvedimenti hanno integrato e ampliato le azioni di lotta alla malattia previste dal DAIS n. 12/2005. L'Ordinanza del Ministro della Salute del 23 gennaio 2006 ha capovolto l'"onere della prova", in seguito a focolaio di malattia, sul rispetto delle normative sanitarie da parte dell'allevatore. Mentre la normativa preesistente prevedeva che l'indennizzo fosse automaticamente corrisposto, salvo prova contraria di avvenute infrazioni, questa ordinanza aggiunge tra i requisiti per l'indennizzo una serie di parametri produttivi e riproduttivi nella storia recente dell'azienda (tre anni), che devono essere oggettivamente dimostrabili sulla base dell'esame del registro aziendale e della documentazione di accompagnamento (modello 4) dei suini movimentati. Impone inoltre la verifica di una serie di altre condizioni, ivi incluse l'integrità delle recinzioni dell'azienda stessa, e regola verso il basso il valore degli indennizzi negli allevamenti per autoconsumo familiare e in quelli insistenti nei pascoli comunali. Lo scopo dichiarato dell'ordinanza è quello di ridurre drasticamente la possibilità di colpa o dolo da parte dell'allevatore nel determinismo dei focolai di malattia. Ordinanza n. 1/2006 del Presidente della Giunta Regionale, emanata anche a seguito di un focolaio di trichinellosi umana nel comune di Orgosolo - dovuta all'ingestione di carni suine provenienti da suini clandestini - si propone di accelerare il corso delle azione volte ad ottenere la regolarizzazione degli allevamenti clandestini e la regolamentazione dei pascoli comunali nelle zone ad alto rischio della provincia di Nuoro. L'Ordinanza detta i modi e i tempi per ottenere la regolarizzazione della propria posizione da parte degli allevatori irregolari, tenta di "addolcire" il peso delle sanzioni amministrative e soprattutto impone ai nove comuni interessati di dotarsi di piani di regolamentazione dell'allevamento suino nelle terre. A tal fine sono state emanate le linee guida regionali alle quali i comuni potranno fare riferimento nella predisposizione dei propri piani. Questa presa di coscienza di un problema che nel tempo si era fatto veramente notevole, dovrà fare i conti con i notevoli contrasti sociali che nel frattempo si sono cristallizzati nel territorio e che, per i motivi trattati più sopra, devono trovare compiuta soluzione al fine di risanare la situazione sanitaria del territorio.
Le zone ad alto rischio
Per la peste suina africana si intende come zona ad alto rischio quella parte del territorio nella quale è oggettivamente più alto il rischio di nuovi casi di malattia. Storicamente circoscritta ad alcuni comuni della provincia di Nuoro, la zona ad alto rischio era stata notevolmente ampliata, fino a includere circa un terzo del territorio regionale, in seguito alla grave epidemia del 2004. Tale delimitazione, proposta nel piano di eradicazione del 2005 e approvata con Decisione 2005/362 CE del 2 maggio 2005, é stata adottata nella stessa data con la Decisione 2005/363/CE, che stabilisce misure di protezione nei confronti della malattia per gli altri stati membri. A seguito dei focolai verificatisi nell'estate 2005 in provincia di Oristano, è stata approvata nel luglio 2005 la Decisione 2005/494/CE che modificava, ampliandola, la zona di restrizione alle esportazioni della Dec. 2005/363. Si è quindi creata una dicotomia tra la zona ad alto rischio del piano regionale di eradicazione e la zona di restrizioni per le esportazioni di cui alla Decisione Comunitaria. Recentemente, su istanza della regione Sardegna e sulla base delle favorevoli risultanze delle attività del Piano di eradicazione, la Commissione Europea ha approvato la nuova modifica della zona ad alto rischio, e di conseguenza di restrizione alle esportazioni, che liberalizza una gran parte del territorio regionale.
Documenti correlati
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Focolai della PSA dal 1978 al 2006 (Fig. 1) [file.pdf]-
Piano di eradicazione del 2005 [file.pdf]-
Decreto regionale di attuazione del piano di eradicazione (n. 11 del 2006) [file.pdf]